Ci volevano due cose rilevanti, apparentemente indipendenti (ma solo apparentemente), per indurmi a riprendere il blog:
– l’imminenza del nuovo disco dei [dK] (dopo svariati anni che non facciamo più un cazzo),
– la demonizzazione dell’olio di palma, ostentata in questi giorni negli spot TV del 70% dei prodotti alimentari industriali.

Per ragioni di attualità e popolarità, comincerò a trattare il secondo argomento.
L’industria alimentare ha cominciato a ritenere che l’olio di palma sia un nutriente scadente o, meglio, ha cominciato a ritenere che nell’immaginario dei consumatori l’olio di palma abbia assunto il ruolo di nutriente scadente.
Quindi chi lo usava, ha smesso di usarlo e lo esplicita nella pubblicità.
Chi non lo usava, continua a non usarlo e lo esplicita nella pubblicità.
Il motivo per cui la gente abbia cominciato ad essere sensibile all’olio di palma è qualcosa di profondamente misterioso, qualcosa che ha una dinamica complessa e inarrivabile tipo quella che determina o meno il successo di una canzone pop.
Chi frequenta questo blog sa che qui la mission è l’esplorazione del legame (a più livelli) che esiste tra musica e nutrizione.
Una canzone diventa popolare perché piace alla gente, quindi viene richiesta per radio, condivisa sui social network fino ad essere massivamente diffusa e conosciuta?
Oppure una canzone diventa popolare perché viene trasmessa ossessivamente in radio, in tv, esposta e suggerita su Itunes e Spotify e, alla fine, alla gente piace o, meglio, la gente la riconosce?
Questo mistero vale almeno quanto quello dell’uovo e della gallina.
L’industria alimentare ha captato inequivocabilmente il fatto che l’assenza di olio di palma sarebbe stato un fattore determinante per assecondare il gusto del consumatore (che ha autonomamente formato un’opinione al riguardo)?
Oppure, in una prospettiva macro-economica di medio-lungo periodo, l’industria alimentare ha ritenuto che fosse profittevole switchare verso delle alternative e, già che lo faccio, me lo vendo come elemento qualitativo che dovrebbe garantirmi un vantaggio competitivo?
In effetti, da 10 anni a questa parte, basta scrivere/dire milioni di volte ‘senza ingrediente X’, per indurre la gente a ritenere che l’ingrediente X sia un male: perché uno pensa ‘se fosse una cosa figa, mica la toglierebbero’.
E non è un discorso di popolo bue, è un discorso che la gente ha mille cazzi per la testa e non sta a farsi domande su ogni stronzata che non abbia un impatto immediato ed evidente sulla propria vita.

Una cosa è certa: il marketing è sempre in malafede.
Intrinsecamente.
Ed è talmente in malafede da fare quasi tenerezza.
Cioè questi qui non sanno più davvero che cazzo inventarsi, e dicono delle cose talmente insensate e goffe da fare tenerezza.
Cioè sono talmente a loro agio nella loro malafede che non fanno neanche più lo sforzo di non farsi accorgere.
In una prospettiva strettamente nutrizionale, l’olio di palma è un buon prodotto: è per metà saturo e per metà monoinsaturo, una specie di via di mezzo tra il burro e l’olio di oliva.
Al di la di ciò che si sente dire in giro, l’essere umano funziona abbastanza bene a grassi (fino al 50% delle calorie assunte possono derivare dai grassi, il resto dalle proteine e dai carboidrati); 2/3 di questi grassi devono essere monoinsaturi e 1/3 saturi. I grassi polinsaturi viceversa devono essere estremamente limitati e bilanciati tra Omega 3 ed Omega 6.
In questo contesto l’olio di palma è funzionale, ed ha il vantaggio di essere a basso costo.
Forse il problema sta nel vantaggio, quindi nel basso costo, dal momento che per ridurre il costo di produzione viene ottenuto deforestando selvaggiamente aree non tutelate, viene estratto con composti chimici non autorizzati (almeno in Italia) e lavorato sfruttando brutalmente la manodopera.
Quindi, se l’industria alimentare ha deciso di rinunciare a questo prodotto per motivi etici ed ambientali, allora posso decidere che non mi stia sui coglioni.
Tuttavia l’industria sostituisce un ingrediente a basso costo con un altro ingrediente a basso costo, a meno di non riprogettare il prodotto, anche a livello di immagine e comunicazione, e alzare il prezzo.
Quindi, le alternative all’olio di palma che posso ipotizzare sono l’olio di mais e l’olio di soia.
Le coltivazioni intensive di mais e soia stanno devastando totalitariamente il pianeta, impoverendo ed avvelenando il suolo e le falde di qualsiasi continente, Americhe, Europa, Asia perché, contrariamente alle palme che hanno bisogno di un clima tropicale, mais e soia sono coltivazioni ubiquitarie.

A parte questo, la cosa figa è che il grasso di mais e soia è quasi totalmente polinsaturo.
I grassi polinsaturi sono un nutriente essenziale, ma anche molto delicato che, oltre un soglia relativamente bassa, incide negativamente sulla capacità del sistema immunitario di modulare opportunamente gli stati infiammatori.
Quindi le alternative realistiche all’olio di palma sono peggiori dell’olio di palma.
Le alternative migliori sarebbero olio di oliva, burro e olio di nocciola; ma sarebbe come pretendere che la Ferrero facesse la Nutella veramente con le nocciole, o il cioccolato veramente col cioccolato, assurdo.

Comunque la Ferrero non mi sta sui coglioni, e non mi sta sui coglioni neanche l’industria alimentare in generale, perché parliamo di un sistema-azienda che per natura deve alimentare il proprio business e garantire una marginalità.
La Nutella è un ottimo prodotto, nel senso che è una cosa buona che ha un costo di produzione bassissimo e che viene venduta ai consumatori ad un buon prezzo.
Tutto regolare, tutto coerente ed accettabile in un contesto di mondo-sistema basato sul consumo e sul capitale.
Quello che non va bene è la malafede, cioè il marketing.
Quello che non va bene è che la comunicazione pubblicitaria dia a questi prodotti un’altra veste.
Quello che non va bene è il fattore dolosamente distorsivo introdotto dolosamente dal marketing: l’inganno.
Mettere le nocciole sul packaging della Nutella e chiamarla Nutella (dove “nut” di nut-ella significa Nocciola in americano e il prodotto nasceva per il mercato americano) non va bene, perché il grasso prevalentemente della Nutella è l’olio di palma, e non l’olio di nocciola.
Avrebbero dovuto metterci le palme sull’etichetta.
La Ferrero è di Alba, dove le nocciole abbondano, ma l’olio di palma comprato dal Brasile costa comunque molto meno.
La marginalità della Nutella nasce dall’olio di palma al posto dell’olio di nocciola.
Su questa marginalità è stato costruito un impero, in culo al chilometro zero, in culo all’eco sostenibilità, in culo agli estrattori chimici dei lipidi e in culo allo sfruttamento della mano d’opera dei paesi in via di sviluppo.
Ma va bene tutto, è tutto coerente ed accettabile in un contesto di mondo-sistema basato sul consumo e sul capitale.
Va bene tutto purché ci sia trasparenza, purché il consumatore sappia cosa sceglie e cosa c’è dietro un prezzo basso o alto.
Per avere trasparenza occorre eliminare totalmente il fattore dolosamente distorsivo introdotto dolosamente dal marketing: l’inganno.

Il marketing è sempre in malafede.
Il marketing è accademicamente in malafede.
I testi universitari di marketing teorizzano esplicitamente che la mission è amplificare il valore percepito del prodotto/servizio, oltre il valore reale per indurre una marginalità immotivata, dunque molto remunerativa; è una specie di loudness maximizer cafone che fa sentire subito la botta, salvo poi accorgersi ad ascolti più attenti che la fedeltà del segnale è compromessa.
Quindi, che adesso il ritornello senza olio di palma venga reiterato a oltranza tipo la pop song dell’ispanico di x fucktor con emma marrone, mi fa ridere i coglioni, e mi suona male come un basso andato in digital clipping.

La mia opinione è che non ci sia un motivo reale (neanche industriale o macroeconomico) per cui l’intera industria alimentare in due mesi abbia rinunciato all’olio di palma (investendo massivamente nelle campagne pubblicitarie relative); per me è più una psicosi tipo quelle che si scatenano sui mercati finanziari e s’innesca una spirale al ribasso che tira dentro tutti.
Palma, mais, soia: tutte pessime alternative nutrizionali (palma meno peggio delle altre).
Per qualche motivo si è innescata una exit strategy dalla palma, e tutti gli vanno dietro perché si cagano addosso.

TO BE CONTINUED