Nell’era dei selfie e dell’autoreferenzialità da like4like, follow4follow e swallow4follow, noi altri dei [dK] abbiamo deciso di fare il salto di qualità definitivo e di auto intervistarci, direttamente, per presentare i nostri progetti.
Tanto, riviste come Rolling Stones, o NME, che avrebbero in effetti la potenzialità, per amplificare i nostri messaggi, non hanno la lungimiranza e la visione di intervistare i [dK] quindi, tanto vale che facciamo da noi.

Domanda (D)
perché avete deciso di realizzare e rilasciare del nuovo materiale?

Risposta (R)
non vorremmo, ma accade >
è qualcosa di patologico, tipo l’alcolismo, fumare crack o qualsiasi altra dipendenza >

D
prova a spiegarti meglio

R
abbiamo cercato di smettere, sappiamo che non serve a nessuno, non serve al nostro pubblico, non serve al nostro non-pubblico, non serve a noi stessi >
però lo facciamo >
non c’è una prospettiva di utilità o di convenienza in tutto questo >
accade

D
anche se non riuscite ad astenervi dal realizzare musica, potreste sempre tenervela per voi, cosa vi spinge a manifestarla agli altri?

R
in effetti questo è un punto controverso >
non lo so >
forse è una forma di egocentrismo >
se vivessi su un’isola deserta non concepirei neanche l’idea di scrivere una canzone, l’atto di scrivere una canzone non esisterebbe senza una prospettiva di condivisione >
nello scrivere canzoni e nel creare musica c’è una componente di dono verso gli altri, c’è l’ambizione di voler fare una piccola differenza nella vita delle persone

D
dunque si tratta proprio di egocentrismo: non ti viene il dubbio che il tuo così detto “dono” sia qualcosa di cui gli altri non hanno bisogno?

R
si >
ed è più di un dubbio: a livello razionale è una certezza, tuttavia a livello emotivo è qualcosa che tendo ad ignorare, o quanto meno a sottovalutare, perché altrimenti smetterei di fare musica

D
quindi, se ho capito bene, da una parte vorreste smettere di suonare, ma dall’altra mentite a voi stessi pur di procurarvi gli stimoli che servono per continuare a fare musica?

R
è esattamente così

D
molto bene, delineato il contesto, adesso parliamo di questo materiale nuovo

R
qualche tempo fa scrissi una specie di romanzo breve, un esperimento, l’ho fatto con l’intenzione precisa di farci una colonna sonora >
in realtà è un romanzo scritto per essere trasposto in un film: in questo senso parliamo di colonna sonora > più specificatamente, il nuovo disco dei [dK] è completamente ispirato ad una storia e ai protagonisti di quella storia

D
quindi si tratta di un concept?

R
qualcosa di più: i protagonisti della mia storia sono tre musicisti, che vivono in un futuro prossimo, e le loro canzoni, concretamente, costituiscono il nuovo disco dei [dK]

D
voi tre proiettati nel futuro quindi?

R
no i tre protagonisti della storia non hanno nulla a che vedere con noi tre, nel senso che sono molto più fighi, o quanto meno più interessanti

D.
parlami di loro

R.
allora questi tre individui sono i componenti di quello che nel mio immaginario di musicista dovrebbe essere un supergruppo >
un super gruppo deve esistere nel futuro, un futuro non lontano, ipotizziamo tra 20 anni >
un super gruppo dev’essere composto da giovani adulti, ipotizziamo tre, di circa 25 anni >
i componenti di questo super gruppo devono essere piuttosto diversi tra loro, ma devono avere un legame forte: qualcosa di apparentemente labile e inspiegabile, ma che in realtà agisce a livello molecolare, a livello di sistema >
uno di loro deve essere dotato di sensibilità estrema e umanità profonda, magari una donna >
un altro deve essere assurdamente egocentrico, carismatico, grottesco, inquieto >
l’altro ancora dev’essere un genialoide, uno capace di avere grandi visioni, un maniaco del controllo >
evidentemente si deve trattare di tre artisti, di tre persone complicate, di tre persone in qualche modo danneggiate

D.
quindi, in termini pratici, avete finto di essere altre persone per realizzare questo disco?

R.
si invecchiando si fatica sempre di più a parlare si sé, in particolare se il rapporto con l’umanità non è buono, quindi estraniarsi e interpretare qualcun altro è qualcosa che ti toglie vincoli e che ti dà stimoli

D.
e il sound, è un sound futurista dal momento che parliamo di futuro?

R.
no non credo che tra 20 anni la tecnologia potrà dare ulteriori svolte al modo di fare musica >
già oggi molti musicisti evitano deliberatamente l’utilizzo di certa tecnologia perché ritenuta distorsiva di un naturale processo creativo >
riguardo al suono del futuro o al suono del passato, ritengo che queste siano abbastanza delle stronzate, specialmente oggi, e specialmente domani >
aveva senso parlare di queste cose all’epoca dei Krafwerk, in un momento in cui una novità tecnologia o metodologica poteva realmente incidere sui processi creativi e realizzativi >
quello che ho immaginato io, in particolare immedesimandomi in tre ragazzi quasi adulti in un’era pre-collassemento dei sistemi, è che il modo di esprimersi sarà molto più essenziale, senza congetture e senza ridondanze: testi minimali, sinceri e diretti, pochi suoni ma buoni, beat incisivi e riff fulminanti

D.
in questo futuro che immagini la musica tornerà ad essere importante per le persone, vale a dire qualcosa al di là dell’intrattenimento, sei ottimista in questo senso?
[to be continued]