Tutti si aspettano da noi altri dei [dK] una valutazione circa Papa Francesco, essendo noi altri dei [dK] la più autorevole band di Christian Rock attualmente sul pianeta, insieme ai Tiamat.
Invece no.
Invece facciamo una recensione del disco dei depeche mode, e in realtà c’è molta coerenza in questo, essendo stati i depeche mode la più popolare band di Christian Rock del pianta, basti pensare al mastodontico disco Songs of Faith and Devotion.
I surrender heart and soul
sacrificed to a higher goal
moved, lifted higher
moved by a higher love


Prima di ascoltare il disco ho letto per ridere un bel po’ di recensioni.
Molte in italiano.
Molte anche in inglese.
Generalmente tutte entusiaste.
Mi ha colpito in particolare uno di Rolling Stones che ha scritto che a lui i depeche mode non sono mai piaciuti, ma che questa volta proprio non riesce a trovare un difetto al disco, e che magari riuscirà a criticare i prossimi concerti dal vivo.
E mi ha colpito in genere la stampa inglese, che allo stesso modo ha generalmente scritto cose molto positive.

Allora negli anni in cui i depeche mode facevano dischi che sarebbero diventati patrimonio dell’umanità, gli anni ’90, i giornalisti musicali li snobbavano, o li irridevano.
In particolare la stampa inglese ha sempre odiato i depeche mode.
Ricordo ai tempi di Songs of Faith and Devotion, ero molto giovane, ero andato a farmi tagliare i capelli e c’era una rivista, con una paginetta di recensione sul disco, che diceva che si, i pezzi avevano un bell’impatto sonoro, ma che l’operazione di fondere rock ed elettronica era una forzatura, che la voce lugubre di Dave Gahan non era credibile e che si capiva che non erano sinceri, che c’era troppo calcolo – insomma una stronzata del genere – mi aveva colpito molto, allora i giornalisti musicali erano considerati autorevoli, e mi era venuto il dubbio che forse questo qui avesse ragione.

Insomma dopo aver letto tutte queste recensioni particolarmente positive sul disco nuovo, qualche giorno fa, quando sono andato a prenderlo, avevo la certezza che avrebbe fatto cagare.
Però l’ho preso lo stesso, per una questione di ritualità.
Mi stupisco ogni volta di quanto la rappresentazione delle cose sui canali mediaticamente rilevanti sia completamente disallineata dalla realtà.
Evidentemente non mi riferisco solo alla musica.
Banalmente, quello che ci viene detto: non è vero.

Comunque, venendo ai depeche mode, vorrei dire delle cose essenziali, al li là di tutte le stronzate che ho letto.
Nella musica rock tre cose, insieme, fanno la differenza.
Scrivere grandi canzoni.
Fare grandi arrangiamenti.
Avere un grande cantante con un colore timbrico estremamente riconoscibile.
Per “grande” intendo un qualcosa che includa talento puro, ispirazione e consapevolezza.
Insomma l’X-Fucktor, come ci ha insegnato Simona Ventura.
I depeche mode hanno funzionato benissimo finché erano Martin Gore alle canzoni, Alan Wilder agli arrangiamenti, e David Gahan alla voce.
Punto.
La recensione potrebbe finire qui.
Però voglio sviluppare meglio il tema, perché questo blog è frequentato da persone anziane, che verosimilmente non conoscono benissimo la storia dei depeche mode.
Con quella formazione lì i depeche mode hanno fatto 4 dischi clamorosi: Black Celebration, Music for the Masses, Violator, Songs of Faith and Devotion.
Poi, dopo il Devotional Tour, Alan Wilder si è rotto il cazzo e se n’è andato.
Chi è interessato si legga la biografia dei depeche mode che c’è da morir dal ridere.
Ricordo un’intervista a Martin Gore, durante le registrazioni di Songs of Faith and Devotion.
Avevano affittato una villa alle porte di Madrid, e l’avevano trasformata in uno studio.
In questa intervista lui è nel cortile interno, mi sembra, che gioca a flipper.
E dice una cosa banale ma fulminate, tipo che non gli piace per niente lavorare in studio, che è molto contento che ci sia Alan nella band, che ci pensa lui al lavoro in studio, che è un maledetto professionista, e che così lui può passare il suo tempo a fare cose più divertenti, tipo giocare a flipper.
Meraviglioso.
E poi un’altra volta sempre in un’intervista, forse qualche anno prima, dice un’altra cosa fulminante, tipo che a un certo punto Alan gli chiede di portare alla band dei demo solo organo e voce, per essere liberi mentalmente di pensare all’arrangiamento; e lui è estremamente sollevato da questa cosa, perché si rende conto che le sue bozze di arrangiamento sono molto semplici, e che invece Alan ha la capacità di stratificare la musica, di complicarla e renderla più profonda e interessante.
Questo è.
Punto.
È banale.

Ho letto delle stronzate a proposito di questo disco nuovo da non credere.
Elettronica di avanguardia.
Integralismo elettronico.
Blues elettronico.
Minimalismo consapevole.
Ricerca elettronica applicata a canzoni passionali.
Arrangiamenti ostici e moderni.
Disco duro nei suoni ma bellissimo nell’anima.
Si, si, ok, va bene.
Quanta pazienza ci va coi giornalisti.
E dire che vivono di quello.
Invece che pulire il culo agli anziani e agli invalidi.
Lavoro rispettabilissimo, per altro, e sottovalutato.
Il mondo sta andando affanculo e non ha molto senso prendersela per delle canzonette.
Io però mi incazzo lo stesso perché per me la musica è una cosa seria.
Il problema dei depeche mode da diversi anni a questa parte è che non c’è nessuno che sa fare gli arrangiamenti.
Martin Gore non sa fare gli arrangiamenti, è chiaro, l’ha detto lui in tutti i modi: non gli piace, non gli interessa, non gli frega, si rompe il cazzo.
Poverino: è così.
Lui sa scrivere le canzoni, sa suonare la chitarra in modo originale ed è pure un bravo cantante.
Non è dIO.

Insomma, la mia opinione autorevole su Delta Machine dei depeche mode è che faccia sostanzialmente cagare.
Cinque-sei buone canzoni, sei-sette canzoni irrilevanti.
Gli arrangiamenti sono solo abbozzati, non “musicali”, e con colori timbrici brutti e inconcludenti.
Ascoltare sto disco mi fa solo incazzare.
Me ne sto lì e penso “ma cazzo metti un rullante come si deve, fai una linea di basso che abbia un minimo di musicalità”
In questo disco c’è totale assenza di groove.
“Cazzo metti un accordo di pianoforte un minimo interessante, definisci un po’ sto suono di chitarra”
Niente: pongo elettronico.
Una lunga sequela si sequencerini scorreggioni, di arpeggiatori a campanellino, di piattini di paillette, mush-mellow-synth tipo quelli che vendono a Seven/Eleven.
E poi dicono disco duro e ostico.
Quanta pazienza che ci vuole coi giornalisti.
Sto disco sembra la fabbrica di cioccolata di Willie Wonka o come cazzo si scrive.
Veramente, largo ai giovani, largo alle donne.
A Maggio tutti a vedere Lana Del Rey.